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I cristiani e lo sport

Padre Patrick Kelly S.I. spiega che fin dai padri della Chiesa i cristiani hanno indicato e praticato le attività sportive come ginnastica per il corpo e per lo spirito

In un interessante articolo dal titolo I cattolici e lo sport pubblicato da Civiltà Cattolica (n.3984, 20 dicembre 2014), il padre gesuita Patrick Kelly racconta la visione storica e teologica del rapporto tra cristiani e attività atletiche e di gioco. Contrariamente a quanto alcuni sostengono, e cioè che i cristiani fino all’epoca della Riforma considerassero il corpo soltanto in termini negativi e associato al male, e lo sport come espressione di questo male, lo scrittore della Civiltà Cattolica dimostra che i credenti mettevano in rilievo la bontà del mondo materiale in quanto creato da Dio, ed il corpo come parte dell’essere umano. Persona umana concepita come unità tra anima e corpo, per questo il corpo era coinvolto integralmente nelle pratiche religiose, quali i sacramenti e l’uso delle immagini nel culto. Il gioco e lo sport erano in stretta relazione con il modo in cui i cristiani concepivano il rapporto tra fede e cultura, soprattutto nelle relazioni con i pagani. In questo contesto il gioco e lo sport vennero incorporati facilmente nella cultura religiosa. Con San Paolo gli autori cristiani utilizzarono immagini atletiche come un’analogia o metafora per descrivere la vita cristiana e l’esperienza del martirio e della vita monastica. San Tommaso notò che esisteva una relazione tra il gioco ed i valori spirituali. Tanto che nel Medioevo si sviluppò un fondamento logico tra il gioco e lo sport da praticare la domenica e nei giorni festivi. Questo modo di pensare influenzò tantissimo gli umanisti ed i Gesuiti i quali insistevano sull’importanza per gli studenti di fare delle pause, giocando e praticando lo sport. Padre Kelly, sostiene che l’eredità cattolica in merito all’accettazione del gioco e dello sport è così decisa da poter influenzare anche lo spirito. Da qui la citazione di Giovanni Paolo II, il quale sosteneva che gli sport sono “una ginnastica del corpo e dello spirito”. Il padre gesuita spiega come i teologi cristiani delle origini e quelli del periodo medievale criticarono gnostici e manichei proprio perché questi associavano il mondo materiale ed il corpo al male. Gnostici e manichei considerano il corpo materiale ed il corpo umano contrapposti allo spirito e per questo disprezzavano i giochi e lo sport. Mentre i teologi cristiani misero in evidenza che con la creazione Dio vide che il mondo materiale era cosa buona e che l’unità tra anima e corpo era molto buona. In merito alla pratica sportiva, San Paolo, Sant’Ignazio vescovo di Antiochia e Giovanni Cassiano, tra gli altri, utilizzarono immagini atletiche per spiegare e sostenere la crescita spirituale. Giovanni Cassiano, vissuto nel IV secolo, considerato una della figure più importanti per lo sviluppo del monachesimo occidentale, offrì ai confratelli una spiegazione dettagliata dei Giochi Olimpici e delle tecniche di allenamento sostenendo che “se abbiamo compreso l’esempio tratto dal combattimento carnale, dovremmo anche, facendo confronti con esso, capire la disciplina e l’ordine della lotta spirituale”. Ugo di San Vittore scrisse nel 1141 un libro, Didascalicon, affinché ricreazione e sport fossero inclusi nei programmi di studio e formazione. San Tommaso spiegò che può esserci virtù nei giochi e sant’Agostino scrisse che “si addice ad una persona saggia, talvolta alleggerire la forte pressione della sua attenzione al lavoro”. Enea Silvio Piccolomini prima di diventare papa Pio II, in un trattato sull’educazione per il giovanissimo Ladislao re di Austria, Ungheria e Boemia, scrisse: “Ti approvo e ti lodo perché giochi a palla con i tuo compagni…”. È ben noto che i primi padri Gesuiti svolsero un ruolo importante anche nell’introduzione dei giochi e degli sport come parte della giornata scolastica nel mondo occidentale. La terza parte delle Regole dei collegi Ignazio di Loyola l’ha dedicata a “conservare la salute e la forza del corpo”, per questo la necessità di “un’onesta ricreazione fisica”. L’articolo di padre Kelly si conclude sostenendo che “l’eredità cattolica è caratteristica nella sua accettazione del gioco e nella tendenza a considerarlo seriamente a livello intellettuale e perfino ad intenderlo in relazione alla vita spirituale”.

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